Da Spadafora a Dybala

Roberto Beccantini8 marzo 2020

Quando le teste sono più chiuse delle porte (chiuse), può capitare una domenica come questa, in cui il pallone continua a rimbalzare tra la vigliaccheria di un ministro, Spadafora, che invece di ordinare lo stop si limita a suggerirlo; la mediocrità dei dirigenti sportivi (Gravina e la Federazione pro, Dal Pino e la Lega contro); e la «melina» di un sindacato che – attraverso il suo presidente, Tommasi – invita a non scendere in campo ma non proclama lo sciopero. Questa è l’Italia al tempo, drammatico, del coronavirus. Questo è il calcio.

Si è giocato ovunque, su sfondi lunari, dal Tardini della «ammuina» propiziatoria al derby d’Italia. L’ha vinto la Juventus, con merito, sbloccandolo proprio, in avvio di ripresa, quando sembrava in mano all’Inter. Sarri aveva rivoluzionato la squadra, Conte no. Due grandi parate del rientrante Handanovic, su De Ligt e Matuidi, poi Young e Candreva avevano cominciato ad allargare il gioco, portando Brozovic a un tiro, murato da Szczesny, che sarebbe risultato l’unico nello specchio.

La solita Juventus «masticatrice» e rinculante, avevo scritto. Poi il gol, confuso, di Ramsey, su tocco di Matuidi (!). Ecco: da questo punto Madama ha ripreso morale e l’Inter l’ha perso. Segnatevi il minuto 59: sono entrati Dybala (per Douglas, un disastro) ed Eriksen per Barella (modesto). Due cambi dal destino in bilico. L’Omarino, di esterno sinistro, dopo uno-due con Ramsey, ha firmato un gol bellissimo, alla Sivori. L’Amleto danese, il cui essere o non essere cosa, evidentemente, non ha ancora convinto Conte, non è riuscito a ricaricare le batterie di un branco spento, annegando nel torello panoramico dei campioni.

E così, con un Cristiano al trotto, e affilato solo agli sgoccioli, e «nonostante» De Sciglio, improvviso vice di Alex Sandro, la Juventus di Bonucci e De Ligt si è messa in tasca sia Lukaku sia Lau-Toro. Accerchiati, domati, disarmati.

Ma per seguir virtute ed emergenza

Roberto Beccantini2 marzo 2020

Pazienti, chiedo scusa se in questi giorni non mi sono fatto «vivo» ma, come avevo scritto in risposta al gentile Fulvio, ho preferito lasciare spazio ai virologi da tastiera, io che pocologo sono.

Teniamo duro! Tralasciamo, mai come adesso, i campanili, le fedi e le fedine, i rancori e i bruciori, atalantini, fiorentini, granata, interisti, juventini, laziali, milanisti, napoletani, romanisti eccetera: in medio sta virus (e spesso anche in «media»). Resistiamo, reagiamo.

E mi sia permesso, per una volta, di adeguare un passo del Sommo Poeta ai tempi dell’epidemia, del pandemonio, dei tamponi, delle sliding doors (mai titolo di film risultò più profetico…):

«Considerate la vostra semenza:

fatti non fummo a viver come bruti,

ma per seguir virtute ed emergenza».

A porte aperte (sempre)

Roberto Beccantini26 febbraio 2020

La Juventus esporta in Champions le sue criticità domestiche, possesso sbadigliante, zero tiri e porte sempre aperte (a proposito di). E così Garcia non ha nemmeno bisogno del violino per condurre il Lione oltre Sarri e la sua filosofia: al massimo, di un po’ di comprensione per una spintarella a Cristiano e, soprattutto, un abbraccio a Dybala. Aouar, franco-algerino di 21 anni, è stato il mandante; Tousart, il cecchino. Senza trascurare la traversa di Toko Ekambi.

D’accordo, sul gol era fuori De Ligt, ferito alla testa, ma vista la quantità di uomini in area sarebbe bastato stare più attenti. Troppo Pjanic, Madama, nel senso delle cadenze, della lentezza. Rientrava, il bosniaco, ed è stato il pedale del freno. Inoltre: quando gioca Matuidi, si rimpiange Rabiot; e quando tocca a Rabiot, come stavolta, si invoca Matuidi. Sarebbe stato più opportuno (ri)partire subito da Ramsey: uno dei pochi che, a Ferrara, si buttava dentro. Anche perché i blitz dei centrocampisti continuano clamorosamente a latitare.

Povero Cristiano: se non segna lui, chi? Persino Dybala ha ballato in una posizione troppo neutra, per tacere di Cuadrado in versione cuore con la q. Un «ventello» di solletico, e poi il Lione ha capito: tutto qui? Stiamo parlando della settima squadra del campionato francese, già liquidata da Conte (1-0, Bonucci) e da Allegri (1-0, Cuadrado).

La solita minestra. Avversari che aspettano e graffiano, non un’imbucata degna di tal nome, area vuota tipo deserto del Sahara: fino, almeno, all’avvento di Ramsey e Higuain. Sarri sarà pure arrabbiato, ma sempre più spesso le vigilie promettono panorami che poi le cartoline inviate sabotano.

Sono ritmi, questi, che possono bastare in Italia. non certo in Europa. Sarà dura, allo Stadium.